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Seminatori di Stelle




Ciao, Stelle.

Ho sempre pensato che una città spiata al buio, senza occhiali di pregiudizio, sia diversa; quasi magica. Ha un fascino pagano inespugnabile e imperscrutabile dove tu, cittadino, ti avvisi fuori del tempo tra le case che conosci, quelle che, al sole, paiono tanti soldatini di piombo in fila, baionetta puntata e in attesa di nuovo ordine. E’ nei vicoli chiusi, in quelli meno trafficati visitati ugualmente dalla luna chescorre la vera anima della città lungo i panni asimmetrici, bastardi nei colori e sbandati stesi ad asciugare, i cassonetti ammucchiati, quei gatti magri acciambellati, i ronfanti, sui balconi preziosidi geranio ardente; due ragazzini che si baciano all’angolo di un portone, voce baritonale che grida ad un goal. E ancora lascio viaggiare l’occhio suivicoli tortuosi o dritti, interrotti a sprazzi dal verde sparuto di un’aiuola, da un monumento che rammenta quanto pura e leale sia l’arte, che dura in eterno; figlia snaturata che sopravvive, forse di più e per sempre, al padre che le ha dato il nome. E forse raccapezzandosi di far parte di quel meccanismo unico e perfetto ch’ è l’esistenza dove ogni ingranaggio è dove deve essere e funziona come deve funzionare semplicemente perché così è e così deve essere. Musica?C’è una finestra illuminata laggiù, oltre la fontana… Perché? C’è un perché al nascere e allo sbocciare di un fiore? (“Da un diamante non nasce niente, dal letame nascono i fiori”* ) E al frinire ritmico delle cicale, c’è un perché? Semplicemente esistono. E la Natura non sarebbe la stessa, senza quel frinire; anche se è solo di cicale. Quasi le 23. 00. E questa è Musica. E, Dio o Natura, campagna o città, credo che il fiore che sboccia e la cicala che frinisce ringrazino entrambi, col dono che è



 
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Giovanna Mulas
non segnalata